Le biennali sono un luogo dove le masturbazioni mentali cercano di provocare orgasmi cerebrali. Oppure se preferite “un luogo dove vengono proposte visioni sincroniche e diacritiche della società contemporanea”. Sembro banalizzare o sminuire ma in realtà amo le Biennali. Perché ci vado tutti gli anni? Perché sono affascinanti dal punto di vista visivo. Vedere come curatori e artisti interpretano il tema creando strutture a volte incredibili nei vari padiglioni è tremendamente affascinante. Installazioni dove maestria visuale, lavoro manuale e sagace uso dei materiali si sposano con una elevata dose di tecnologia. Certo le installazioni hanno un messaggio, esprimono un concetto più o meno condivisibile ma spesso difficilmente comprensibile. Ma qui entriamo nel campo dell’arte contemporanea e alla premessa. Il fatto che piaccia o meno la Biennale è molto soggettivo. Io più che al messaggio in sé sono affascinato da come questo messaggio viene trasformato in installazione e per questo amo fotografare quelli che chiamo frammenti visuali dei vari padiglioni. Sono immagini rubate da un contesto ben preciso e trasformate in un qualcosa di diverso. Per non usare paroloni che non amo e che non fanno comunque parte di me un esempio di ciò che intendo è la foto di un padiglione con l’estintore nell’angolo. L’estintore è lì perché ci deve essere non perché lo ha voluto l’artista. Mettendolo nel centro della foto diventa soggetto improvvisato di una curiosa composizione cromatica. Il mio personale “orgasmo cerebrale” avviene poi quando gli artisti nella loro creazione riescono a fondere l’opera nel contesto. Queste sono installazioni che vivono solo per il periodo effimero della Biennale e questo le rende ancora più affascinanti.
Titolo della Biennale 2015: All the World’s Futures curatore Okwui Enwezor.