Report di viaggio in Turchia scritto questa volta da mia moglie Alessandra.
Periodo: 14-31 luglio
Volo Milano-Istanbul con Turkish, così come i voli interni Istanbul-Nevesehir e Nevesehir-Smirne: tutti decisamente economici, perfetto il primo, in ritardo di oltre un’ora il secondo, con perdita bagagli il terzo. Ritorno con Sun Express: aereo vecchiotto su cui era a pagamento perfino l’acqua.
Visto che non ho il dono della sintesi, dividerò il report nelle 3 tappe toccate.
TAPPA 1 – Istanbul
Alloggio: Agia Sofia Suit, nel cuore del quartiere Fatih, quindi a due passi da tutti i principali luoghi di interesse della città. Si tratta di un monolocale con angolo cottura, quindi adatto a famiglie di non più di 3 persone, ma nuovissimo, grazioso e molto ben attrezzato. Menzione speciale per il bagno dotato di una grande vasca idromassaggio. Altra menzione speciale per la vicinanza all’ottima pasticceria Evin Unlu Mamulleri nella quale abbiamo fatto colazione tutte le mattine e pausa dessert tutte le sere.
Venerdì 14
Abbiamo fatto un giro per il quartiere assaporando il silenzio delle viuzze commerciali ormai deserte. Cena all’Hidden Garden Restaurant: consigliatissimo per qualità del cibo e del vino e location curata e tranquilla… ho adorato gli antipasti offerti col pane a palloncino.
Sabato 15
Moschea Blu: affollata, ma non tanto da risultare invivibile. In tutte le moschee vigono le medesime regole: all’ingresso viene controllato l’abbigliamento sia agli uomini che alle donne, e viene fornito quello adeguato se non si è attrezzati autonomamente; la zona centrale non è accessibile alle donne, che devono restare al di là delle transenne, ma esiste anche un’area riservata alle donne nella quale gli uomini non possono entrare (fatta eccezioni per gli adolescemi, che essendo considerati ancora bambini mamma-dipendenti possono entrare ovunque… sfiga!). Il cortile esterno è forse tra i più belli tra tutti quelli visti da noi in città.
Yerebatan Sarnıcı (Basilica Cisterna): premetto che quando ero stata ad Istanbul per la prima volta, 30 anni fa, la città non era ancora così turistica, e certi luoghi lo erano anche meno di altri. La Yerebatan era chiusa al pubblico e la aprirono per noi perché si trattava di un viaggio studio con l’università: c’era un’unica scala in pietra che scendeva fino ad una piattaforma in legno. Lì ci aspettava un omino su una zattera che, spingendola attraverso le colonne con un lungo bastone, con una potente lanterna ci aveva mostrato i basamenti, i capitelli e le volte in pietra. Silenzio assoluto e poesia pura, della quale avevo conservato un ricordo vivido e commovente. Ora tra le colonne si snodano passerelle in metallo che arrivano praticamente in ogni angolo; dall’acqua sbucano opera d’arte contemporanea che giocano a contrasto con l’antico; giochi di luci colorano l’ambiente svelando i dettagli delle strutture; orde di turisti sembrano più preoccupate di scattare il selfie perfetto che di guardare la meraviglia intorno a loro. Sì… ok… sono vecchia. E pure brontolona!
Binbirdirek Sarnıcı (Cisterna di Filosseno): anche di questo luogo avevo ricordi ben diversi. Chiusa al pubblico come la precedente, era uno spazio completamente libero e vuoto. Adesso è aperta al pubblico ma, essendo molto meno affascinante della Yerebatan, viene di solito ignorata. Spesso ospita eventi e mostre, tanto che i suoi confini sono nascosti da stand e tendoni dietro i quali si possono trovare tanto quadri e sculture, quanto attrezzature da cucina. Di notte prende vita perché viene saltuariamente utilizzata come discoteca.
Moschea Nuruosmaniye
Kapalı Çarşı (Gran Bazar): un luogo di perdizione… nel senso che è talmente caotica che non perdersi è un’impresa. Il mio consiglio è di addentrarsi ed esplorarla, perché è costituita da aree diverse a seconda dell’epoca di realizzazione. A noi sono piaciute molto le aree più antiche, con viuzze strette e botteghe di antiquariato, cupole affrescate o in mattoni e antiche fontane in marmo, ma l’area più modaiola è certamente quella più moderna. Qui io e mio figlio abbiamo assaggiato una bevanda tipica della Turchia, l’ayran, a base di yogurt, acqua e sale: come ha detto il venditore, è una cosa che o piace o disgusta. Per mio figlio, che quando l’ha comperata pensava fosse latte di cocco, è stata una curiosa sorpresa; io continuavo a sorseggiarla facendo la faccia di chi addenta un limone, ma non riuscivo a smettere di berla.
Süleymaniye Camii (Moschea di Solimano): splendida e grandiosa, più godibile di altre perché praticamente deserta. Qui mio figlio ha iniziato una lunga disquisizione filosofica con un Imām che ha cercato di indottrinarlo e gli ha regalato vari depliant sull’Islam e un Corano (che adesso sta leggendo)… e mio marito ha avuto la prova che quando gli racconto le cose non me le invento! Dal cortile esterno si gode di una magnifica vista sul Corno d’Oro.
Mısır Çarşısı (Bazar delle Spezie o Bazar Egizio): è molto meno turistico del Gran Bazar e permette di immergersi maggiormente nella vita quotidiana del luogo. Accanto ad una zona coperta più orientata sulle spezie e i dolci, c’è tutta un’area all’aperto destinata agli acquisti più casalinghi ed ordinari: entrambe sono estremamente variopinte, profumate e pittoresche.
Crociera sul Bosforo: l’area portuale dalla quale partono le crociere è subito all’uscita dal Bazar Egizio. Ci siamo avvicinati per chiedere informazioni e visto che una delle imbarcazioni era proprio in procinto di partire ne abbiamo approfittato. La crociera dura un paio d’ore ed arriva fino al Fatih Sultan Mehmet Köprüsü, il lungo ponte che unisce Europa ed Asia. Il giro merita, perché oltre ad alcuni importanti edifici si vedono zone periferiche che altrimenti non si raggiungerebbero… e ci si può sedere per un po’, il che non guasta (anche se io e mio figlio più che sederci ci siamo intrespolati su uno dei parapetti più in alto per goderci meglio il panorama). Sbarcati, abbiamo attraversato il Ponte di Galata, che ospita una serie di ottimi ristoranti di pesce (che i miei due uomini non mangiano…), fermandoci ad osservare dal basso i pescatori che tiravano su file incredibili di piccoli pesciolini (mi sono appostata cercando di fotografarli, ma erano sempre più veloci di me). Attraversare nuovamente il Bazar, ormai vuoto, ci ha straniti, perché sembrava di essere in un luogo fantasma, completamente diverso da quello visto prima. Cena al Seyr-u-Sefa: cibo non paragonabile all’Hidden Garden, ma vista davvero impareggiabile.
Domenica 16
Topkapı Sarayı: tappa imperdibile in un tour di Istambul, abbiamo fatto in modo di arrivare la mattina relativamente presto, e questo ci ha permesso di godercelo senza caos eccessivo. Abbiamo preso il biglietto comprensivo di palazzo e harem e preso l’audioguida gratuita. Il complesso è straordinario, ma anche in questo caso i ricordi mi hanno tradita. Rispetto al passato, in cui i saloni erano molto più liberi (praticamente come nel film Topkapi di Jules Dassin), adesso la visita è molto più strutturata e guidata: il che non è male, ma crea a mio parere più code e ingorghi. I cartelli utili ad individuare i numeri da digitare sull’audioguida non sono sempre presenti o sono talvolta errati, cosa che si nota soprattutto nell’harem, in cui non fosse stato per mio figlio, che aveva scoperto il modo per ascoltare anche tutte le info non segnalate, avrei perso metà delle spiegazioni. Da non perdere anche l’area delle cucine, non ben segnalata e infatti poco frequentata. Del complesso fa parte anche la splendida chiesa di Santa Irene: purtroppo il biglietto per accedervi è a parte e va acquistato ad un’unica macchinetta, il che crea una coda infinita e lentissima che non abbiamo avuto il coraggio di affrontare. Pranzo/cena al Vamos Estambul Restaurant & Cafe: ottimo! Mio figlio, difficilissimo nel mangiare, ha osato con i turkish ravioli: buonissimi, a parte la salsa di condimento a base di yogurt che proprio non è riuscito a mandare giù.
Hagía Sofía (Basilica di Santa Sofia): il mio consiglio è di visitarla alla sera, perché durante il giorno la fila per entrare è davvero scoraggiante. Noi siamo arrivati mentre era in corso la preghiera serale, per cui c’era pochissima coda e l’attesa è stata breve. Anche in questo caso mi si è spazzato il cuore: luogo indubbiamente straordinario, ma che ha profondamente sofferto sia per la trasformazione in moschea, che per l’invasione del turismo di massa. Ricordo di averla visitata pressoché vuota, ricordo di averla girata in lungo e in largo e di essermi distesa al centro sul pavimento in marmo per godermi la vista del soffitto. Adesso ci sono varie zone precluse all’accesso, il pavimento è coperto da un tappeto e il marmo originale è visibile solo in un ritaglio, e poi… i turisti sono talmente tanti da rendere l’ambiente claustrofobico (soprattutto per la terribile puzza di piedi che aleggia nell’ambiente).
La “pancinata”: in vari punti della città ci sono degli studi fotografici che realizzano ritratti in abbigliamento ottomano. Ecco… io ho fatto la “pancinata” di far fare uno di questi servizi fotografici a mio figlio. Credo che lui sia stato fortemente combattuto tra il detestarmi e il godersela sentendosi un po’ sultano!
Dervisci rotanti: passeggiando siamo capitati davanti ad un banchetto che pubblicizzava uno spettacolo di Dervisci rotanti e ci siamo imbucati. Ci siamo ritrovati all’interno dell’Hoca Rüstem Medresesi, una madrasa (ossia una scuola) risalente al 1582, seduti intorno ad una piccola corte colonnata: ci hanno offerto l’immancabile tè, poi lo spettacolo ha avuto inizio. La cerimonia Sufi ha regole ben precise: dopo una prima -lunghissima- parte musicale e corale, sono finalmente entrati i ballerini che hanno iniziato a ballare solo dopo un lungo rituale fatto di meditazione inginocchiati su dei cuscini e saluti con inchini reciproci. Dal mio punto di vista sono bellissimi e ipnotici, e vale davvero la pena vederli danzare.
Lunedì 17
Quartieri Fener, Balat e Fatih: per arrivare nei quartieri più colorati della città abbiamo preso un taxi (anzi, un tacsi)… ecco, la guida dei tassisti istambulioti me la ricordavo perfettamente ed è rimasta tale: da incubo! Ci siamo fatti scaricare all’ingresso di Fatih, poi abbiamo iniziato l’esplorazione. Il mio consiglio è di non fermarsi alla parte più turistica, ma addentrarsi ed esplorare anche le zone più lontane, nelle quali percepire la realtà di questa zona. Da non perdere assolutamente un passaggio da Marginal Flower, se non altro per vedere il suo pittoresco proprietario, e una fermata al Balat Minik Kalpler Çocuk ve İyilik, una casa/museo con entrata ad offerta libera molto particolare ed affascinante. Noi ci siamo persi tra le viuzze, scoprendo locali e negozietti, soprattutto di antiquariato, davvero interessanti (siamo riusciti a comperare una vecchia campana da barca e una clessidra a tema nautico… tutto in metallo bello pesante!).
Şehzade Camii, Beyazıt Camii, Bozdoğan Kemeri (Acquedotto di Valente): tappe di visita e riposo durante il percorso di ritorno, fatto rigorosamente a piedi, come da nostre abitudini.
Şerefiye Sarnıcı (Cisterna di Teodosio): si tratta di una cisterna molto più piccola rispetto a quelle precedenti, all’interno della quale si può però assistere a uno o due spettacoli di luci e suoni (consiglio entrambi) molto suggestivi.
Cena al Ortaklar kebap Restaurant: buoni piatti locali, niente alcolici… senza infamia e senza lode.
Martedì 18
Dolmabahçe Sarayı: è un grandioso palazzo affacciato sul Bosforo, la cui architettura e i cui arredi interni richiamano, per volere del sultano ottomano che lo fece realizzare, le grandi regge europee. Sembra, infatti, di entrare in un mondo completamente diverso e assai distante da quello che si respira nel resto della città. L’audioguida è utilissima per capire sia la storia dell’edificio, sia la vita che si svolgeva tra le sue mura. Oltre all’immenso palazzo e all’harem, sono visitabili anche: il Museo degli Orologi nella torre all’ingresso e il padiglione di Cristallo, entrambi chiusi al momento della nostra visita, e un edificio che ospita la pinacoteca. Quest’ultimo merita una visita più per i saloni stessi che per l’esposizione, perché al decimo ritratto di Sultano Taldeitali personalmente non ne potevo già più… mio figlio è riuscito ad uscire 3/4 d’ora dopo di noi perché si è fermato a guardare tutto. Come nel caso del Topkapı, conviene arrivare abbastanza presto la mattina per evitare la ressa: si arriva comodamente in tram… ovviamente a patto di beccare la linea giusta. 🙄
Taksim Meydanı e İstiklâl Caddesi (Viale dell’Indipendenza) distretto di Beyoğlu: tornando indietro a piedi da Dolmabahçe ne abbiamo approfittato per passare attraverso la storica piazza e la grande strada. Situate nella zona europea, sono completamente diverse da tutto quanto visto dall’altra parte del ponte: il viale è un susseguirsi di boutique, bar e ristoranti spesso ospitati in splendidi edifici Art déco; dove la strada si stringe, quasi al termine, c’è una bella zona completamente dedicata a librerie e negozi di musica; l’intero percorso è attraversato dal vecchio e caratteristico piccolo tram rosso.
Galata Kulesi (Torre di Galata): tappa imperdibile a Beyoğlu. Si sale in parte con un ascensore, in parte a piedi, si scende solo a piedi attraverso una bellissima scala a spirale. La vista dall’alto è però, a mio parere, piuttosto deludente.
Il giorno successivo siamo partiti alla volta della Cappadocia.
TAPPA 2 – Goreme e dintorni
Alloggio: Takunya Cave Hotel, camera spaziosa e comoda, ma completamente scavata nella roccia e quindi priva di finestre, per cui se non ci fosse stato il ventilatore l’umidità sarebbe stata insopportabile. Proprietaria gentilissima (ci ha organizzato al volo motorata al tramonto e giro in mongolfiera al prezzaccio di 130€ a testa) che preparava abbondantissime colazioni facendocele trovare già apparecchiate in una piccola veranda tutta per noi, terrazza con bellissima vista sul paese.
Auto: Oguz Rent a Car Nevşehir
Mercoledì 19
Goreme: organizzata la motorata serale grazie all’efficientissima proprietaria, dopo esserci rinfrescati abbiamo fatto un giro esplorativo del paese. Che risulta essere, sostanzialmente, un susseguirsi di hotel e b&b ricavati tra grotte e vecchie case magistralmente ristrutturate. Per ammirare i camini delle fate, però, non occorre fare molta strada, perché i primi sono visibili proprio al margine del paese stesso.
Tour in quad al tramonto: è l’unico tour che abbiamo deciso di fare, visto che avevamo noleggiato un’auto per poterci muovere in autonomia. Dura circa 2 ore e mezza e sono ammessi anche i bambini (non so però da che età), ma i mezzi sono davvero scassatissimi! 🤣 Noi, comunque, l’abbiamo trovato divertente, e certamente permette di vedere aree della vallata che altrimenti non si raggiungerebbero: ad ogni fermata le guide lasciano 20/30 minuti liberi per esplorare in autonomia la zona e noi abbiamo visto camini meravigliosi all’interno dei quali erano ricavate abitazioni e piccole chiese. L’ultima fermata è quella per ammirare il tramonto: decine e decine di quad parcheggiati e altrettante persone in attesa che il sole scompaia dietro le rocce… romantico e suggestivo solo se si riesce ad astrarsi. C’è anche un camioncino che vende bibite e generi di ristoro. Al ritorno cena al Sedef Steak Kebap: i miei uomini hanno mangiato molto bene, io un po’ meno, ma forse perché avevo scelto il piatto sbagliato (testi kebab a base di pollo, perché l’avevo sempre trovato a base di manzo e agnello, che non mangio).
Giovedì 20
Giro in mongolfiera: esperienza indimenticabile! Sveglia prima dell’alba per raggiungere il luogo del decollo. Ho adorato tutta la fase preparatoria: vedere i fuochi per scaldare l’aria illuminare la notte nell’intera valle è già di per sé un’immagine indimenticabile. L’ascesa è un elogio alla lentezza e al ritrovamento della pace interiore, e il panorama dall’alto è mozzafiato, non solo quello della valle e del paese, ma anche quello del cielo all’alba punteggiato di palloni. I ragazzi del nostro tour ci hanno offerto una sacchetta con la colazione e del succo frizzante a base di fragola per brindare al ritorno, ed abbiamo anche ricevuto il nostro certificato di volo.
Derinkuyu: tra tutte le città sotterranee che trasformano la Cappadocia in una groviera, abbiamo scelto questa perché la più estesa e profonda (arriva a 85 m di profondità). La visita può essere libera o con guida: noi abbiamo scelto la prima formula per poter essere più indipendenti. I percorsi sono “obbligati” sia in discesa che in salita, ma da bravi esploratori noi ci siamo avventurati anche in punti più fuori mano: considerate che non c’è pericolo di perdersi, perché anche l’”avventura” è comunque controllata e ci si può addentrare nei cunicoli solo fino ad un certo punto… poi si finisce in vicoli ciechi o ci sono dei cancelli. È un luogo che assolutamente consiglio, perché è davvero unico ed incredibile. All’uscita ci siamo fermati a mangiare in uno dei tanti bar vicini all’ingresso dei sotterranei: omlet tarifi accompagnata da limonata, tè e ayran con schiuma.
Ihlara Valley: noi abbiamo percorso il tratto che parte all’altezza del ristorante Ihlara Aile Çay Bahçesi ed arriva fino al Diker Aile Çay Bahçesi, ossia il tratto centrale più ricco di chiese scavate nella roccia. L’area archeologica si estende lungo entrambe le rive del Melendiz River, collegate tra loro da vari ponti, per cui abbiamo scelto di fare l’andata su di una riva ed il ritorno sull’altra in modo da vedere tutto: devo dire che, dopo tutto il caldo sopportato nei giorni precedenti, passeggiare tra gli alberi è stata un’esperienza davvero piacevole e rilassante. Lungo il tragitto ci sono varie aree attrezzate con tavoli e panchine e zone particolari dedicate ai più piccoli, mentre il bar al termine del cammino è un’oasi di pace con capanni su palafitte nei quali sorseggiare tè adagiati sui divanetti, tavoli immersi nell’acqua e animali da cortile liberi per la gioia dei bambini. Cena nell’ottimo Orient Restaurant, proprio all’ingresso di Goreme.
Venerdì 21
Göreme Açık Hava Müzesi (Open Air Museum): dopo quanto visto nei giorni precedenti, devo dire che per noi è stata una delusione. Non tanto per ciò che si poteva vedere, sempre ovviamente interessante ed affascinante, quanto per le modalità. Dopo due giorni trascorsi ad esplorare in autonomia chiese rupestri affrescate, doverlo fare insieme ad una massa caotica ed indisciplinata di turisti che si accalcavano all’interno di ogni singolo pertugio e a guide urlanti non ci ha entusiasmati. Aggiungo inoltre che un paio di cappelle non rientrano nel prezzo del biglietto e vanno pagate a parte (cosa che noi non abbiamo fatto). Mio figlio ha comunque detto che la vista degli scheletri in una cappella funebre è valsa l’intera visita. 😅
Tarihi Milli Parkı e Aşıklar Vadisi (Love Valley): sono entrambe vallate nelle quali ammirare le famose conformazioni rocciose a forma di enormi Schwanzstück (cit. Frankenstein Junior). La seconda è la più nota ed ampia e può essere osservata dall’alto, da un punto di osservazione con ingresso a pagamento attrezzato con bar, negozietti e punti selfie, e visitata dal basso, gratuitamente. Nel secondo caso il punto di partenza della visita si trova a circa un quarto d’ora di cammino dalla strada principale: il viale d’accesso non è percorribile in macchina, non ci sono parcheggi, ma ci si può fermare proprio all’ingresso senza difficoltà. Poco prima di entrare nella valle c’è un piccolo bar che ha pochissimo, ma che è davvero delizioso; poi la visita è libera e si può restare quanto si desidera.
Çavuşin: è un villaggio famoso per il suo “castello” con la grande basilica sulla cima. Il percorso per raggiungerla affaccia sul paese sottostante e, in alcuni tratti, soprattutto all’interno degli edifici, non è protetto da balaustre: vale però sia l’arrampicata, che la visita, e raggiungendo la vetta, si ha poi una vista incredibile su tutta la vallata. Alla base merita una fermata il Turhallar Hediyelik, un pittoresco Souvenir Shop.
Avanos: si tratta di una cittadina famosa per vasellame e tappeti. E wine bar! Vale una sosta per fermarsi in una delle “osterie” per assaggiare i vini locali, accompagnati da formaggi, pane e ceci tostati, e per acquistare splendidi tappeti a prezzi davvero competitivi. Sappiate che al termine delle trattative, per suggellare la chiusura della vendita, vi offriranno rakı, il loro tipico liquore all’anice… che per me, dopo un paio di bicchieri di rosso, è stato “letale”. Cena caratteristica al Meral Sultan Kayseri Mutfağı, dove ho scoperto che esiste un piatto col mio nome: il Fellah Koftesi, gnocchi di bulgur e semolino conditi con salsa di pomodoro speziata.
TAPPA 3 – Smirne Alacati Afeso Kusadasi Pergamo Pamukkale e dintorni
Alloggio: siamo stati in un appartamento enorme con terrazza all’ultimo piano di un edificio su una delle strade più vivaci della città (www.airbnb.it/rooms/14071810). Qualche problema di comunicazione con la proprietaria che non parlava una parola d’inglese!
Auto: Eren Rent A Car tramite www.rentalcars.com
Sabato 22
Sveglia presto per vedere i palloni volare su Goreme: anche questa è una cosa che vale la pena fare, anche perché i piloti si divertono a passare così vicini ai tetti delle abitazioni da sfiorarle. Raggiunto l’aeroporto, siamo partiti alla volta di Istanbul… dove siamo arrivati in ritardo, abbiamo fatto una corsa per prendere la coincidenza per Smirne e ci siamo persi i bagagli in stiva che, ovviamente, non correvano con noi. 😡 Rimando al post sullo smarrimento bagagli di Walter per tutte le info sull’avventura del recupero.
Nel tardo pomeriggio, risolti tutti i casini con i bagagli, abbiamo fatto un giro per Smirne: è una grande città di mare, molto vivace, piena di negozi e locali, e con un bel lungomare dal quale ammirare il tramonto. Lungo il molo c’è la possibilità di visitare gratuitamente un traghetto, ma solo in mattinata e primo pomeriggio. Cena al Melanie Cafe And Restaurant, molto buono ed economico.
Domenica 23
Altınkum Plajı (Goldensand Beach): appuntamento con Marilena Gatta & family al Copacabana Beach. Sebbene non amanti delle spiagge attrezzate, in Turchia è stata una scelta, diciamo, quasi obbligata: gli indigeni infatti, non curano molto la pulizia e l’ordine delle spiagge libere e, per di più, le occupano con le stesse modalità dei pugliesi (N.B.: sono pugliese). Ossia: si muovono in famiglie, anzi in vere e proprie tribù, comprensive di pletore di figli e di parenti così alla lontana che i legami si perdono nei ricordi dei bisavoli; portano con loro un’attrezzatura degna non di uno stabilimento, ma di un vero e proprio camping, con tavoli, sedie, ombrelloni, sdraio, tende beduine, ecc.; a mezzogiorno, al grido “parmigiana’yı fırından çıkarın” (trad. “esci la parmigiana dal forno”), tirano fuori dai frigoriferi di tutto di più; a differenza dei miei conterranei (non sempre) lasciano tutte le immondizie in spiaggia; fumano come turchi e buttano le cicche nella sabbia (ho visto bambini fare castelli di mozziconi…). Il Copacabana Beach si è rivelato un posto delizioso: parcheggio e consumazione compresi nel noleggio di ombrellone e lettini, sabbia bianca e pulita, mare limpidissimo, ombrelloni non ammassati e non troppa gente, un buon ristorantino per il pranzo, docce. Giornata davvero piacevolissima! ♥️
Alaçatı: in serata abbiamo raggiunto questo paese, noto luogo di villeggiatura per la upper class locale. Le case, che ricordano molto quelle delle isole del Dodecanneso, sono state trasformate in boutique hotel, negozi di artigianato e non solo e ristoranti. La località è davvero graziosa e particolare, ma davvero sovraffollata di turisti locali e non e di gruppi di giovani in attesa di accedere alle discoteche dei dintorni (i fari delle quali illuminano il cielo notturno). Ottima cena al Afet Hanım Konağı, famoso per essere il miglior ristorante di kebab della zona.
Lunedì 24
Smirne: abbiamo esplorato la città. İzmir è la terza città della Turchia per numero di abitanti… ossia è grande, tanto grande. Abbiamo evitato i musei, anche se pare che quello di Storia e Arte sia bellissimo, e ci siamo semplicemente persi tra le strade fino a raggiungere il bazar di Kemeraltı che, a differenza di quello di Istanbul, è molto poco turistico e molto più a misura di cittadino, e che è noto per essere uno dei più belli della Turchia. Tra le sue stradine, oltre a negozi e caffè, si nascondono moschee e sinagoghe, cortili colonnati e antichi caravanserragli, botteghe artigiane e gallerie d’arte. Questa parte di città, più antica e vissuta, è fortemente in contrasto con le aree più periferiche in cui svettano grattacieli ed edifici contemporanei accomunati da una singolare caratteristica: l’uso smodato e selvaggio di led colorati a disegnare e decorare le facciate, caratteristica che balza agli occhi soprattutto di notte. Serata trascorsa passeggiando lungo il kordon (lungomare) e cena a base di dolci al Pera Gelato Patisserie.
Martedì 25
Efeso: le rovine della città sono vastissime, ma ho notato che, come spesso succede, il turismo di massa si limita a fermarsi solo nelle aree più note, ossia la Via del porto, il Teatro Grande e, ovviamente, la Biblioteca di Celso. Il sito archeologico si inerpica invece verso l’alto, senza troppo dislivello, lungo la Via dei Cureti, lungo la quale porte, templi e fontane si susseguono e permettono al visitatore di addentrarsi e scoprire luoghi più nascosti. Sebbene si paghi a parte, la visita alle Case a terrazza è davvero imperdibile: il percorso attraverso i terrazzamenti delle abitazioni permette di vederne davvero ogni dettaglio, ogni affresco ed ogni mosaico, e noi abbiamo avuto anche la fortuna di vedere un gruppo di archeologi all’opera.
Kuşadası: si tratta di una famosa località marittima, all’interno del cui porto attraccano navi da crociera. Noi abbiamo visitato il parco interno alle mura di cinta della fortezza bizantina (chiusa), posta su di un’isolotto collegato alla terraferma da una striscia di terra: da questa specie di ponte partono dei barconi che permettono di fare giri di un’intera giornata tra le spiagge più famose della zona o giri di un paio d’ore nella baia antistante il porto. Alla destra dell’istmo c’è anche una minuscola spiaggetta di sassi con un’acqua limpidissima. Poi ci siamo arrampicati nella parte alta del paese, quella storica, e abbiamo fatto un giro nel bazar. Cena nuovamente al Melanie Cafe And Restaurant, questa volta a base di pesce.
Mercoledì 26
Pergamo: abbiamo deciso di raggiungere l’Acropoli lasciando l’auto nel parcheggio inferiore ed arrivando sulla cima con la Funivia. Il sito è molto vasto, e parte delle rovine, quelle delle abitazioni, si possono vedere durante l’ascesa lungo le pendici dell’altura. L’Acropoli vera e propria è un’area all’interno della quale gli scavi proseguono e devo dire che alcune aree sembrano quasi dimenticate. Sulla vetta ci sono templi e resti di alcuni palazzi, e merita assolutamente la discesa mozzafiato lungo la scalinata del teatro ellenistico, abbarbicato lungo il fianco della collina e dal quale si gode una vista spettacolare sulla valle. Subito dopo, non prima però di esserci persi tra i tratturi ed essere finiti a ridosso di una zona militare, abbiamo raggiunto l’Asclepion, un secondo vasto sito archeologico che noi abbiamo trovato addirittura più affascinante dell’Acropoli e davvero ben tenuto. Entrambi i siti sono poco frequentati dai turisti… nel secondo c’eravamo solo noi.
Lungo la costa: l’idea era di scendere verso la costa e fare un po’ di mare dove si trovava. Il problema è che la parte di costa situata approssimativamente di fronte all’isola di Lesbo è un susseguirsi di spiaggione immense con mare stile alto Adriatico, ma con tendenze più verso Coccia de Morto. I lidi liberi sono impraticabili, mentre quelli attrezzati sono praticamente sempre collegati a campeggi, per cui gli arenili sono letteralmente colonizzati da tendopoli selvagge. Vista la situazione avevamo pensato di optare per uno dei tanti parchi acquatici che punteggiano la costa, ma questi hanno il grosso difetto di chiudere tra le 16:30 e le 17:00, per cui per noi avrebbe significato pagare 3 biglietti per stare solo un’oretta. Le spiagge davvero belle, invece, sono quelle di Sakiı Plajı, che ha anche una splendida piscina naturale, Mersinaki Plajı e Kosova Plajı: poco affollate perché più complicate da raggiungere (c’è una discesa lungo il costone roccioso) e con un mare davvero cristallino.
Eski Foça: si tratta di una deliziosa cittadina con un bellissimo lungomare sul quale affacciano case basse in stile greco-ottomano e lungo il quale gli abitanti si riuniscono la sera per chiacchierare e mangiare insieme… per me è stato un tuffo nella mia infanzia in Puglia. Cena all’En Gozde Pide: in 3, prendendo ottimi secondi di carne, contorni, bevande, caffè e con un abbondantissimo antipasto offerto dalla casa, abbiamo speso 16€!
Giovedì 27
Alacati: ci siamo concessi un giorno di riposo al mare, osando su una spiaggia libera. Mare bellissimo e limpido, sabbia bianca e stranamente pulita, docce e bagni a disposizione, ma… vento fortissimo e cavalloni. Mio figlio, ovviamente, si è divertito come un matto… noi, più tipi da nuoto, un po’ meno.
Venerdì 28
Kaklık Cave: si tratta di un piccolo complesso di grotte poco distanti da Pamukkale. La visita non dura molto e il percorso in passerelle di legno che attraversa le cavità è un po’ in abbandono, ma è molto suggestivo: una sorta di Pamukkale sotterranea con piccole vasche di calcare e travertino e cascate. All’esterno si trova anche una piscina artificiale, sebbene alimentata da acqua termale, con spogliatoi, bagni e docce (forse il complesso era pensato per essere più turistico), ma diciamo che l’igiene lascia parecchio a desiderare.
Pamukkale: il meraviglioso castello di cotone! Faccio una doverosa premessa: prima che mio marito googlasse e ci illuminasse, di primo acchito ne ero rimasta non delusa, ma turbata. Non c’è nulla di più lontano dalle foto che ritraggono candidi terrazzamenti con decine di vasche piene di acqua. Il paesaggio è straordinario e onirico, ma le vasche piene d’acqua sono poche, e quelle nelle quali ai turisti è permesso immergersi sono artificiali. Le vasche delle fotografie si trovano in alto, alla fine della salita, raggiungibili tramite una passerella in legno, e sono vuote. Nel secolo scorso ci fu una vandalizzazione del sito per ragioni commerciali, il che produsse danni gravissimi ed uno scurimento delle vasche nelle quali finivano le acque reflue di una serie di alberghi costruiti sulle rovine di Hierapolis. L’UNESCO ha messo l’intera area sotto protezione, ha fatto abbattere gli alberghi e le vasche vengono riempite solo saltuariamente, in modo che possano ritrovare l’antico colore stando al sole. Detto questo… il complesso è una meraviglia. Ci sono 3 entrate: nord, sud (la più usata) e centrale. Noi abbiamo deciso per quest’ultima, ed è stata la scelta migliore, perché abbiamo potuto vedere la parte delle vasche con due luci diverse, entrambe molto suggestive. Il percorso nella parte calcarea si fa a piedi nudi: si cammina lungo le cascate bianchissime e ci si può bagnare ed infangare nelle piscine (che sembrano vere). Arrivati sulla cima si possono vedere alcune vasche piene d’acqua, che non sono però raggiungibili. Proseguendo lungo il costone sinistro si raggiunge la parte più selvaggia del sito, quella col numero maggiore di terrazzamenti me che, come dicevo, viene riempita solo in alcune occasioni.
Hierapolis: il sito è molto vasto, ed è molto interessante vedere la differenza tra questa città, di fondazione romana, e le precedenti, di origine greca. Siamo partiti dalla necropoli, una zona in cui eravamo gli unici visitatori: un vero peccato, perché è davvero interessante e si può accedere liberamente anche all’interno delle tombe a camera. Poi abbiamo proseguito verso sud raggiungendo le aree più turistiche, con il teatro ed il Tempio di Apollo: tutta questa parte è al momento visibile, ma accessibile solo in parte, in quanto sottoposta a scavi e ad un discutibile lavoro di ricostruzione/integrazione. Abbiamo poi raggiunto le famose Piscine di Afrodite… ecco, queste sono state proprio una delusione: una bassa pozza d’acqua strapiena di gente con qualche antica colonna sommersa! L’accesso all’area, con bar e ristoranti, è gratuita, ma l’accesso alla piscina è a pagamento e abbiamo evitato. Il calcolo perfetto delle tempistiche ci ha permesso di scendere lungo le cascate di calcare al tramonto, quando il calcare si colora di rosa e arancio. Cena all’ottimo Cadde Steak House, proprio affacciato sulle terrazze.
Sabato 29
Smirne: con marito e figlio fuori uso, siamo rimasti in città abbandonandoci allo shopping sfrenato. Il che ci ha permesso di scoprire che il bazar è pieno di passaggi segreti e sale nascoste!
Domenica 30
Urla İskelesi: è un grazioso paesino con un porticciolo pieno di barche variopinte. L’abbiamo scelto come tappa per bere un caffè perché ci piaceva il nome!
Sığacık Bay: per l’ultimo giorno di mare ci siamo fermati al Tüccar Beach Club, una bella spiaggia attrezzata affacciata su una baia tranquilla. Si può scegliere se fermarsi sul prato, su una striscia di sabbia maldiviana o in riva al mare, dove l’acqua è calma e cristallina e la sabbia scura e molto sottile. Unico neo, la musica: se infatti la mattina eravamo cullati da una piacevole lounge music, il pomeriggio si sono scatenati con quella locale, una sorta di neomelodica napoletana cantata in turco.